E’ antipatico anche scriverlo, ma se nel corso delle tante degustazioni s’incontra un vino che è piaciuto meno di altri o non è piaciuto affatto (sempre rimarcando il gusto personale), è giusto parlarne.
Nel mio caso, inaugurando quella che penso diventerà una rubrica fissa di questo blog, un vino che ultimamente mi è piaciuto poco, molto poco, è il Renosu dell’azienda sarda Tenute Dettori. Un vino Triple “A” (Agricoltori Artigiani Artisti), da viticoltura biologica e biodinamica. Un blend di uve cannonau, monica e pascale coltivate ad alberello da viti di oltre 100 anni di età e con una resa di 30 ettolitri per ha. Diraspatura, macerazione e fermentazione da 3 a 10 giorni spontanea in cemento. Affinamento per due o tre anni in piccole vasche di cemento, e poi in bottiglia. Nessuna chiarifica e filtrazione. Fin qui tanto di cappello, anche perché l’azienda ha fatto della coltivazione della terra con metodi naturali e solo naturali il proprio credo. Tant’è che sul proprio sito ama scrivere che i suoi sono prodotti composti solo da vino e (poco) zolfo, e senza l’aggiunta di solforosa. Bene. Però all’assaggio questo vino mi ha deluso: senza nerbo né stoffa, molto corto al palato nonostante i suoi 13° gradi alcolici e con una nota troppo dolciastra che ti rimane in bocca per diverso tempo. Vino rosso dal naso fruttato, speziato e dalla bocca voluminosa, dolce, minerale e speziata, scrive l’azienda a proposito di questo vino (che non riporta l’annata in etichetta). Ergo, forse è stata l’accentuata dolcezza a fagocitare il mio giudizio negativo. Che nulla toglie alla validità delle Tenute Dettori, di cui ho assaggiato, nel corso dei miei consueti “pellegrinaggi” al Vinitaly, diversi vini di diverse annate e ne sono sempre rimasto soddisfatto, per non dire ammaliato. Prezzo non alto, intorno ai 12 euro in enoteca.
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