Pomeriggio molto interessante, quello vissuto sabato scorso in quel di Controguerra (TE), con l’Enoteca Comunale al centro della terza edizione di “Abruzzo: terra di eccellenze enologiche. I grandi vini abruzzesi alla conquista del mondo”, premiazione delle aziende vitivinicole che hanno conquistato i “5 grappoli” nella guida Bibenda 2018, edita dalla Fis (Fondazione italiana sommelier). Condotto con mano sapiente dal deus ex machina Fabrizio Di Bonaventura, sommelier Fiduciario Fis delle Colline Teramane nonché assessore comunale che, negli anni, ha fatto del piccolo paese di Controguerra l’ombelico dell’Abruzzo enoico, l’appuntamento è stato all’altezza delle aspettative, e non solo per la stupenda degustazione seguita al convegno, guidato in tandem con il giornalista e sommelier Paolo Lauciani, oramai di casa in questo angolo d’Abruzzo, e concluso dall’intervento dell’assessore regionale all’Agricoltura, Dino Pepe. Molto interessante, infatti, il dibattito che ne è scaturito, che tra le altre tematiche ha avuto al centro la necessità di far (finalmente) uscire il Montepulciano d’Abruzzo, vino simbolo della regione adriatica, da quel limbo in cui è relegato a causa della nomea che, nonostante gli sforzi di tanti vitivinicoltori che producono eccellenze qualitative, vuole questo vino essere preda di grandi numeri prodotti da mega cooperative, le quali vendono a prezzi stracciati ad imbottigliatori di fuori regione con il risultato di snaturarne il contenuto. Con buona pace di quanti invece si sforzano di dare lustro ad un vino emblema di un territorio, che avrebbe tutte le carte in regola per fare da volano allo sviluppo economico dell’intera regione. Detto questo, passiamo alla degustazione: ben 33 le cantine presenti alla manifestazione, e 56 i vini in assaggio sui banchi di degustazione. Ovvio che, per ragioni di spazio, qui mi limiterò a riportare quelli che mi hanno maggiormente colpito, tra vecchie conferme e nuove sorprese, a rimarcare la vitalità del settore vitivinicolo abruzzese, che oggi può godere di nuova linfa apportata dalle seconde (ed in qualche caso terze) generazioni di vignaioli, arrivate al vertice delle cantine paterne. Iniziamo dai bianchi, dal fresco e profumato Pecorino, al più austero Trebbiano. Sugli scudi, il “Bianchi grilli per la testa” 2015 di Torre dei Beati, espressivo e territoriale, vinificato e affinato in acciaio per 9 mesi. Sentori fruttati, floreali e delicatamente balsamici con una trama aromatica calda, di buona struttura e persistenza. Molto buono anche il Pecorino Doc 2016 di Tenuta I Fauri che, sebbene non rientri tra i premiati con 5 grappoli, ha dalla sua un colore brillante, luminoso e intenso, con profumi ricchi, puliti e profondi. Al gusto mostra opulenza ma non pesantezza, grazie alla sua freschezza e sapidità. Sempre ottimo il Trebbiano Vigna del Convento 2015 di Valle Reale, ultimo “cru” in ordine di tempo, prodotto da Leonardo Pizzolo in quel di Popoli. Un vino a fermentazione spontanea ed affinato in acciaio sui lieviti per 18 mesi. Dal colore dorato appena velato, con profumi che vanno dal marzapane alle erbe aromatiche al fiore di cappero; pieno e freschissimo al palato, sorretto da una bella vena acida, con il gusto che racchiude in sé un frutto quasi tardivo. E passiamo ai rossi. Conferme per il Montepulciano Colline Teramane Riserva Fonte Cupa 2010 di Camillo Montori; sempre ottimo il Binomio 2013 de La Valentina, un Montepulciano materico, alcolico (15°), dal colore rosso rubino scuro, naso molto intenso di concentrato di fragoline di bosco, mora, altri frutti rossi selvatici e spezie. Al palato si presenta potente, di spessore con un tannino maturo e importante ma in grande equilibrio generale. Chiude senza spigoli, fresco e con notevole persistenza aromatica. Buono e senza sorprese anche il Pieluni riserva 2011 Montepulciano Colline Teramane di Illuminati, mentre senza particolare enfasi mi è sembrato il Villa Gemma 2012 di Masciarelli. Conferme, piene e convincenti, vengono poi dal Mazzamurello 2014 di Torre dei Beati, dal San Clemente 2014 di Zaccagnini, così come anche dal Montepulciano Riserva 2012 di Praesidium. In ultima analisi due sorprese, almeno per me: il Montepulciano Colline Teramane Riserva Neromoro 2013 di Alessandro Nicodemi, e Inkiostro, merlot in purezza di Luigi Valori. Il Neromoro, prima annata prodotta la 2011, è ottenuto da uve montepulciano raccolte su un appezzamento con vigneti vecchi di quarant’anni. La posizione dei filari, esposti soprattutto a est, consente una perfetta ventilazione e una altrettanto buona escursione termica. Dopo la macerazione e la fermentazione il vino riposa in barriques selezionate per 16 mesi. Completa il suo percorso affinando in bottiglia per altri sei mesi. Dal colore rosso rubino impenetrabile, al naso risulta intenso con sentori fruttati di prugna rossa matura, erbe aromatiche, cioccolato fondente e cacao, con una leggera percezione di tabacco. In degustazione è caldo e sapido, con tannini importanti ed ottima persistenza. Elegante e perfettamente equilibrato. Insomma, un vino che mi è piaciuto molto. La vera, grande sorpresa è stata invece assaggiare un merlot in purezza, uvaggio difficile (soprattutto in queste terre) e dalle basse rese. Parlo di Inkiostro, un Igt Colli Aprutini annata 2013, etichetta principe di quel grande innamorato della terra e dell’uva che corrisponde al nome di Luigi Valori. Da un ettaro e mezzo di vigneto (a conduzione biologica) di 18 anni di età si ricavano circa 3 mila bottiglie, per una resa di circa 65 q.li/ettaro. Inkiostro fermenta in vasche di acciaio termocondizionate, con le uve lasciate in macerazione dai 20 ai 30 giorni. Affinamento di 12 mesi in barriques nuove ed altri 12 in bottiglia. Un vino di grande invecchiamento. Un grande Merlot. Colore rosso rubino, al naso si avvertono sentori di macchia mediterranea, marasca sottospirito, goudron e tamarindo, mentre in bocca si rivela caldo e sapido con una trama tannica molto fine, morbida ed equilibrata, su cui prevalgono note di liquirizia. In conclusione, bella l’iniziativa, buoni i vini presentati, folta e ben rappresentata la cornice di pubblico. Chapeau!
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Franciacorta, Trentodoc, Oltrepo’ Pavese, Alta Langa. Se uno pensa che i migliori spumanti italiani Metodo Classico provengono solo da queste zone altamente vocate, sbaglia di grosso. Perché se è vero che la bollicina Made in Italy ha come riferimento queste quattro zone, è altresì vero che buoni, anzi ottimi spumanti Metodo Classico si possono trovare anche in altre parti d’Italia. Anche a Modena, patria del Lambrusco. Per la precisione a Bomporto, località della Bassa modenese, dove la cultura spumantistica è in auge da sempre grazie alla famiglia Bellei ed al suo patriarca, Francesco. Oggi invece vorrei occuparmi di un altro Bellei, Christian (Francesco Bellei era il suo bisnonno), e della sua Cantina della Volta, nata nel 2010 e creata insieme ad un gruppo di amici. Diverse le etichette prodotte, con l’indubbio merito di aver sdoganato il Lambrusco affrancandolo dal luogo comune che lo vuole un “vinello” senza tante pretese, mentre invece spumantizzato è un’ottima bollicina. Ma non è del “Trentasei” Lambrusco di Modena che vorrei parlarvi, bensi de “Il Mattaglio” nella tipologia Dosaggio Zero, un blend composto dal 60% di Pinot nero e dal 40% restante di Chardonnay. Questo vino prende il nome dall’appezzamento di terreno dove è ubicato il vigneto, zona collinare di Riccò di Serramazzoni (prime propaggini dell’Appennino Modenese) a 650 metri di altitudine, ma anche da un arbusto che produce bacche rosse allucinogene, capaci, secondo la leggenda, di “farti diventare matto” (da qui il nome). Ho avuto modo di assaggiarlo nel corso di una minidegustazione in occasione di una mia visita in cantina (a tale proposito debbo ringraziare Angela Sini, socia della cantina e responsabile del marketing, per la disponibilità e gentilezza mostrate), dove ho praticamente assaggiato tutta la batteria dei vini spumantizzati, stando comodamente seduto nella bella sala degustazione della cantina. Dal colore giallo paglierino, con perlage continuo e molto fine, Il Mattaglio Dosaggio Zero mostra eleganti profumi dalle sfumature di fiori di campo e frutta a polpa bianca; al gusto si presenta fresco, asciutto, minerale e salino. Un vino che matura per almeno 24 mesi sui lieviti, che gli conferiscono struttura e complessità anche grazie ad una buona percentuale di Pinot nero. La chiusura è di gran classe, con ottima persistenza. Uno spumante di piacevolissima "beva", ideale per accompagnare tutto il pasto ed in particolare piatti di pesce, ivi compresi sushi e sashimi. Pagato, in cantina, 20 euro. Permettetemi infine un’ultima, piccola digressione, che poi tanto digressione non è visto che trattasi sempre di vino. Ho avuto l’onore di assaggiare anche il “Ddr” 2009, acronimo di “Degorgiatura dosaggio recente”, un Metodo Classico da uve Lambrusco con ben 84 mesi sui lieviti ed una percentuale alcolica pari a 13,8 gradi. Semplicemente sorprendente. Spumante di eccellenza di Cantina della Volta, tenuto a battesimo lo scorso mese di ottobre dal grande chef Massimo Bottura (che lo ha abbinato ad una lingua di vitello laccata). I vini di Christian Bellei hanno anche stregato quel gran conoscitore del nettare di bacco che corrisponde al nome di Giorgio Pinchiorri, con Cantina della Volta che è entrata oramai in pianta stabile nella carta dei vini dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, una delle massime espressioni enogastronomiche d’Italia.
E’ sempre difficile parlare di un amico, quando poi questo è anche un produttore vitivinicolo che dista 200 metri da casa tua e tu devi (vuoi) recensire un suo vino, l’impresa si fa davvero ardua. Comunque non mi tiro indietro e ci provo, sfidando il rischio di essere emotivamente troppo vicino. Il produttore è Rocco Vallorani, giovane enologo di Colli del Tronto che, insieme al fratello Stefano, alcuni anni fa ha completamente ristrutturato la cantina paterna (e prima ancora dei nonni) dando vita a “Vigneti Vallorani”, ed il vino che mi accingo a recensire è il suo Konè 2012, un Rosso Piceno Superiore Dop, blend di Sangiovese e Montepulciano da vigne molto vecchie rispettivamente di 55 e 35 anni di età. Della “batteria” dei vini prodotti dalla giovane cantina collese, al di là delle riserve “Sorlivio” da uve Sangiovese in purezza e “Philumene” 100% Montepulciano, devo dire che il Konè è l’etichetta che preferisco; un vino dal colore rosso rubino con riflessi violacei e dai tannini morbidi, setosi, che al palato sprigionano una grande piacevolezza e rotondità con sentori di marasca unita a note speziate, di liquirizia e cioccolato. Un vino di equilibrata potenza. Vigneti Vallorani è un’azienda a conduzione biologica certificata. In vigna potatura secca e verde, defogliazione e diradamento effettuati manualmente, con una resa media di 60-80 quintali di uva per ettaro. La raccolta delle uve è manuale, in piccole cassette da 18 kg. Per ciò che concerne il Konè, le due varietà (Sangiovese e Montepulciano) che lo compongono sono raccolte in periodi diversi in funzione della maturazione e vinificate separatamente mediante macerazione prefermentativa a freddo, fermentazione spontanea a temperatura controllata in tini d’acciaio cui seguono lunghe macerazioni post fermentazione. Affinamento in cantina per 18 mesi sur lies in piccoli fusti di rovere francese, cui si aggiungono 12 mesi di affinamento in bottiglia, per un vino di 14 gradi alcolici. Votata al biologico da sempre ed in maniera convinta, la cantina Vigneti Vallorani può contare su circa 7 ettari di vigneto, per una produzione annua di circa 20 mila bottiglie. Riguardo ai possibili abbinamenti gastronomici, l’eleganza e la struttura che lo caratterizzano rendono il Konè ottimo per piatti a basi di formaggi, carne grigliata, alla brace o allo spiedo. Una cantina che farà presto molto parlare di sé, con i fratelli Vallorani proiettati verso una produzione di qualità legata indissolubilmente al valore del territorio, di quella terra ereditata dai nonni e che intendono preservare al meglio. La cantina collese, ubicata a poche centinaia di metri dal centro del paese, può godere oltre che di un bellissimo panorama che spazia dalle montagne al mare, anche di un grazioso giardino ove d’estate si susseguono iniziative enogastronomiche unite ad eventi culturali. Bello e funzionale infine il punto vendita annesso alla cantina, dotato di sala degustazioni. Rocco Vallorani, giovane enologo con esperienze in Francia, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Toscana, è co-fondatore di Terroir Marche. Il prezzo del suo Konè è di 18-20 euro in enoteca.
Sondrio, luglio 2003. Una cena in Prefettura, ospiti d’onore l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e la sua gentile consorte, signora Franca. Arriva il dessert e, con esso, un vino dolce ancora in fase di sperimentazione (tanto che se ne vinificavano alcune decine di bottiglie) – un Moscato Rosa - dell’azienda svizzera (produttrice di vini italiani) Triacca, in Valtellina. Un vino a tiratura limitata ancora oggi dopo svariate vendemmie (circa 3 mila le bottiglie annue prodotte dal 2010), una chicca di non facile reperibilità sul mercato. E fu proprio la moglie di Ciampi, entusiasta dopo averlo assaggiato, che ne coniò il nome – Il vino del Presidente -, di cui ho degustato una bottiglia alcuni giorni fa accompagnandolo con dei buonissimi ravioli di castagne. Un Terrazze Retiche di Sondrio Igt – 100% Moscato Rosa -, il Vino del Presidente è un passito dal colore rosso intenso, fresco e floreale, con forte sentore di petali di rosa, inebriante al naso e dal sapore fruttato, piacevole ed armonico. Un passito di corpo con un discreto residuo zuccherino, molto concentrato, con aromi tipicamente varietali ed una lunga persistenza gusto - olfattiva unita ad una grande struttura supportata da una invidiabile freschezza. Ottimo e gradevole vino da dessert da abbinare alle preparazioni dolciarie in cui siano presenti frutta, confettura e cioccolato. Da una resa di 45 q.li per Ha., questo vino da dessert è frutto di un sensibile appassimento delle uve, che vengono poi vinificate tradizionalmente sostando in piccoli serbatoi di acciaio per 8-10 mesi, cui segue un breve affinamento in bottiglia. Ottimo anche come vino da meditazione, da sorseggiare a fine pasto. In enoteca a circa 25 euro, bottiglia da 37,5 cl.
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PIERO LUCIANIGiornalista pubblicista appassionato di vini, in particolare bollicine. Amo bere bene in compagnia possibilmente al cospetto di una buona tavola. Archivi
Maggio 2023
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