Uno spumante Metodo Classico della cantina castoranese Cameli IreneNatale, tempo di regali e di pantagrueliche cene. Con gli immancabili “consigli per gli acquisti” enogastronomici. Ergo, da questo punto di vista è innegabile che, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un exploit del vino di qualità, ed in particolare degli spumanti (non solo champagne e/o prosecco, ma anche bollicine territoriali che non siano Franciacorta, TrentoDoc, Oltrepo’ Pavese o Alta Langa), che proprio in questa stagione vivono il loro momento migliore in fatto di vendite al consumo. In questo scenario un ruolo sempre più preminente si stanno ritagliando i produttori piceni, che proprio nelle “bollicine” (siano esse prodotte con il Metodo Charmat o Martinotti con rifermentazione in autoclave, sia con il Metodo Classico di rifermentazione in bottiglia) stanno puntando molto anche grazie all’estrema versatilità di uve a bacca bianca quali la passerina e, soprattutto, il pecorino, che ben si prestano ad essere spumantizzate. Ed è proprio su un Pecorino Metodo Classico prodotto dall’azienda Cameli Irene di Castorano che mi vorrei soffermare, ultimo nato della cantina, prodotto in sole 500 bottiglie ma destinato a crescere nei prossimi anni. Gailè, questo il nome dato, un metodo classico da uve pecorino in purezza annata 2017, che vede la luce dopo 18 mesi sui lieviti. Commercializzato da pochi giorni, prevedibilmente andrà esaurito nel giro di poche settimane. Anche perché trattasi di un ottimo spumante, che coniuga la qualità alla versatilità: un brut che ben si attaglia a rivestire molteplici ruoli, dall’aperitivo al tutto pasto. Ideale per accompagnare olive ascolane (ma anche il fritto ascolano in generale) così come adatto ai primi piatti della tradizione picena. Alla vista si presenta di un bel giallo paglierino con perlage fine e persistente (una frase fatta? Si, ma nel nostro caso quanto più calzante, con una miriade di piccole bolle che incessantemente risalgono dal fondo del bicchiere). Dal floreale bouquet olfattivo di acacia e ginestra, si caratterizza per il sentore di lieviti e di crosta di pane. In bocca è elegante, fragrante e ben lavorato nella sua spalla acida. Lunga la persistenza e gradevolmente sapida la chiusura, con il non basso residuo zuccherino che non ne inficia il gusto al palato. Non poco e non male per uno spumante alla sua prima uscita, che riunisce nello stesso sorso eleganza e freschezza, frutto e scorrevolezza. Un Brut che, per una bella cena tra amici, sarà in grado di regalare brio e spensieratezza, soprattutto in occasione di queste imminenti festività di fine 2019. La cantina castoranese, già sugli scudi grazie ad altri suoi vini legati al territorio, è operativa dal 2002 con Ozio, un Igt Marche Rosso da uve Montepulciano in purezza, cui si sono aggiunti nel tempo altri vini quali Milia (da uve Passerina), Gaico (Falerio Pecorino), Chiaroro da uve Pecorino macerato sulle bucce, ed i rossi Conte (un rosso piceno) e Paià (rosso piceno superiore), oltre al già citato Ozio, vino di punta dell’azienda e forse il più conosciuto dell’intera produzione. In attesa del Bordò, da uve definite come “biotipo storico appartenente alla famiglia dei Grenache” (che annovera anche il Cannonau sardo e lo spagnolo Alicante), un vitigno storico oggi riportato in auge e che fa parte della memoria contadina del territorio marchigiano e piceno in particolare.
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PIERO LUCIANIGiornalista pubblicista appassionato di vini, in particolare bollicine. Amo bere bene in compagnia possibilmente al cospetto di una buona tavola. Archivi
Maggio 2023
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