Metti un fine settimana in periodo feriale; metti una voglia di staccare la spina ed andare alla ricerca di bei posti ove trascorrere qualche ora in serenità; metti la curiosità di andare alla ricerca di nuove cantine per scoprire vini ancora poco conosciuti al grande pubblico…et voilà, eccoci in Alta Tuscia viterbese, terra di calanchi e laghi vulcanici a confine tra Lazio, Umbria e Toscana. Un sabato e una domenica alla scoperta di nuovi produttori e a caccia di conferme per altri già affermati. Iniziamo da un produttore che non ha oramai più bisogno di presentazioni, quel Sergio Mottura “re” del Grechetto in quel di Civitella d’Agliano, e della sua (vecchia) cantina tutta scavata nel tufo sotto piazza Unità d’Italia. Mentre ci rinfreschiamo in cantina dopo aver lasciato fuori dalla porta i 38 gradi di questa estate caldissima e siccitosa, la degustazione ha inizio con uno dei cavalli di battaglia di casa Mottura, ovvero il Metodo Classico brut Nature millesimato. Da uve 100% chardonnay, versato nel bicchiere sprigiona subito tutta la sua vitalità fatta di bollicine fitte e persistenti, dopo aver trascorso ben nove anni a riposare, a temperatura costante di undici gradi, nelle pupitre che si snodano nel dedalo di cunicoli sotto piazza Unità d’Italia. Di un colore giallo paglierino con riflessi dorati, vivacizzato da un fine perlage, al naso presenta profumi di frutta gialla, uniti a sentori di erbe aromatiche e toni di crema pasticcera. In bocca l’assaggio evidenzia un’intensa corposità, mineralità e persistente finale dalle sensazioni agrumate, il tutto ben bilanciato da una nitida freschezza, impensabile dopo ben nove anni lasciato a maturare sui propri lieviti. Chapeau! Secondo vino degustato, il Tragugnano 2021, un Orvieto Classico formato da un blend di uve Grechetto e Procanico al 50%. Un vino semplice (ma fino ad un certo punto), dal gusto secco e morbido, accompagnato da una buona vena aromatica. Un vino ideale da accompagnamento per un buon aperitivo – e anche oltre, se il pasto non è troppo impegnativo. E veniamo al Grechetto, o meglio: ai Grechetti. Ben quattro quelli degustati, ad iniziare dall’ultima annata, la 2021, di Poggio della Costa. Un vino che non ha bisogno di presentazioni, oramai assurto agli onori dell’enologia nazionale: un vino minerale, elegante, ammandorlato e con un finale molto incisivo. A seguire l’annata 2015 dello stesso vino (non in commercio), tirato fuori dalle riserve di famiglia: stessi toni minerali, dall’elegante corposità e con un finale lunghissimo. Da berne a secchiate. Ottimo anche il Latour a Civitella 2020, seconda tipologia di Grechetto prodotta dalla cantina laziale, fermentato in legno (assolutamente non invasivo), che si apre con una ventata olfattiva di frutta bianca, burro e nocciola. In bocca si rivela morbido nella sua complessità, fresco e sapido con un finale molto lungo ove a dominare è la vaniglia. A seguire, lo stesso vino da annata 2015: senza parole. O meglio, le stesse della 2020 elevate all’ennesima potenza. Due i rossi degustati, tra cui un Nenfro 2015 da uve 100% Montepulciano, che qui prende il nome di Violone; un vino capace di coniugare potenza e virilità all’eleganza, in una perfetta fusione di sapori e odori. Ultime parole da spendere per congedarmi dalla cantina per il Magone 2019, da uve Pinot Nero, altro cavallo di razza di Sergio Mottura. Dal colore rosso rubino intenso, sprigiona un profumo che riempie le narici, fatto di piccoli frutti rossi alternati a sentori più speziati. Al palato offre un buon corpo, con un sorso caloroso ed avvolgente, morbido, contraddistinto da una verve tannica di una certa levatura che lo eleggono, almeno ai miei occhi, a grande vino. Altro giorno, altra degustazione. Questa volta la nostra curiosità ci porta in contrada Vaiano, comune di Castiglione in Teverina, terra ove prosperano alcune tra le cantine più in evidenza dell’intera Tuscia. Sopra ad un assolato colle ci aspetta infatti Maurizio Doganieri, che insieme alla moglie Madoka Miyazaki ha dato vita a quello che è sempre stato il suo desiderio: creare una cantina tutta sua, dopo tanti anni trascorsi, da agronomo, a produrre vino per altri in terra toscana. Solo 42 i filari, esposti a sud-est, ove dimorano ben 25 varietà di uve, che ogni anno producono non più di settemila bottiglie di vino. Al cospetto di una bella tavola apparecchiata sotto il portico di fronte all’aia della casa colonica, e in compagnia di due bei gattoni, la degustazione ha preso il via da uno spumante metodo “ancestrale” (seconda rifermentazione in bottiglia secondo i dettami del metodo classico ma senza sboccatura dei lieviti), il Quattro mani, da uve Greco antico. A seguire Maurizio ci ha fatto assaggiare il suo Vermentino in purezza (Airi il nome, in onore della propria figlia), annata 2021, dal colore giallo tenue e dal naso intenso. Mineralità a go go, floreale, al palato si mostra morbido nella sua fresca sapidità e dal corpo pieno ed equilibrato. Proprio un bel vino.
Seguito dal Fixus, da uve Viogner (vitigno originario della valle del Rodano, in Francia, di cui Maurizio Doganieri è innamorato) in purezza. Di un giallo paglierino leggermente più accentuato dell’Airi, il Fixus 2021 presenta note molto eleganti, fruttate, che via via lasciano il posto a una velata mineralità dal finale ammandorlato. Fermentato in acciaio, questo vino ha le sue particolarità che ne fanno un “unicum” nel panorama vitivinicolo dell’Alta Tuscia. Dopo un intermezzo vivacizzato da un rosato (U il nome dato a questo vino da uve Montepulciano ottenuto da una soffice pressatura e maturato in acciaio), due vini rossi: il Poggio Eremo – blend di Sangiovese, Cesanese del Piglio, Cabernet Sauvignon e Syrah, con maturazione in legno e acciaio -, ed il Confiè, da uve Montepulciano, vino muscoloso e potente, dal colore rosso rubino con riflessi violacei (la cosi detta “unghia”), con la frutta matura (ciliegia, mora) a dominare l’olfatto, seguita da sentori di speziature e note balsamiche di liquirizia e sottobosco, unite a tabacco e cioccolato fondente. In bocca si rivela morbido e con una notevole spalla acida. A chiudere l’Ame, un vino da vendemmia tardiva di Petit Manseng. Degustazioni a latere. Nel corso della due giorni in Alta Tuscia abbiamo avuto modo di assaggiare altri due vini: il G109 annata 2021 di Tenuta La Pazzaglia, un Grechetto in purezza dal colore giallo paglierino e dall’intenso profumo tipico dell’uvaggio, dotato di una buona sapidità e struttura che ne fanno un vino da bere a tutto pasto e a prezzi contenuti (il che, ovviamente, non guasta mai). E l’Agylla 2021, altro Grechetto in purezza affinato in anfora, dell’azienda Paolo e Noemia D’Amico. Un vino dal colore giallo carico e dall’alta alcolicità (i suoi 14,5 gradi si sentono tutti), che ci promettiamo di riassaggiare in futuro per poterne dare un giudizio definitivo.
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PIERO LUCIANIGiornalista pubblicista appassionato di vini, in particolare bollicine. Amo bere bene in compagnia possibilmente al cospetto di una buona tavola. Archivi
Maggio 2023
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