Se c’è una zona vitivinicola che non conosce stasi ma che, anzi, è sempre più proiettata verso il futuro, questa è senza dubbio quella afferente le colline Teramane e nello specifico il suo versante nord, ovvero quella fascia di terra che abbraccia i comuni di Controguerra, Colonnella, Torano Nuovo. Ed è proprio a Controguerra, in contrada San Giovanni, che da alcuni anni opera la famiglia Maurizi, da oltre cinquant’anni nel mondo vitivinicolo e che dal 2016 è sul mercato con i vini della propria cantina. Una piccola realtà ma molto effervescente, che oltre al vino produce anche olio, grano (dell’antica e oggi riscoperta varietà San Carlo, da cui viene poi prodotta un’ottima pasta secca) e legumi.
In vigna ed in cantina troviamo i due pilastri dell’azienda: papà Giuliano Maurizi – una vita spesa tra vigneti e cantine – ed il figlio Morgan, giovane enotecnico cresciuto all’ombra del professor Leonardo Seghetti, vera anima trascinatrice dell’Istituto Tecnico Agrario “C.Ulpiani” di Ascoli Piceno e grande esperto e conoscitore del territorio del “Marcuzzo” per tutto quanto concerne la vite e l’ulivo in particolare (a lui si deve, principalmente, la promozione dell’Oliva Tenera Ascolana che nel 2005 portò al riconoscimento della Dop). Circa dieci gli ettari vitati, alcuni di proprietà ed altri in gestione, tutti ubicati nell’agro del comune di Controguerra, impiantati a Montepulciano, Trebbiano, Passerina e Pecorino, ovvero i vitigni classici di questo lembo di territorio, tutti allevati a spalliera. La coltivazione della vite, grazie all'esperienza maturata, tende oggi sempre più a ridurre gli interventi con prodotti di sintesi, privilegiando le naturali caratteristiche culturali ed il rispetto della terra. In cantina moderne ed antiche pratiche convivono grazie ai componenti della famiglia, sempre pronti ad interpretare vecchie e nuove conoscenze nella produzione del vino, quali la forte riduzione degli ausiliari ed additivi enologici, partendo da un concetto fondamentale: "il vino si fa in vigna". Un assioma che poi ritroviamo anche in cantina, dove tra botti di cemento ed acciaio (e poco legno), i Maurizi danno vita a vini particolari nella loro affinità territoriale, tutti dotati di una beva eccezionale e mai stucchevole, dove ad ogni sorso ritrovi il sapore e le radici del territorio stesso. Vini identificabili all’istante, per una cantina che in nemmeno tre anni si è fatta conoscere anche al di fuori dei confini della regione grazie ad un incessante passa parola. E veniamo ai vini, degustati in una serata piovosa ma ricca di “humus” contadino fatto di allegria e tanta disponibilità proprie di un territorio che da sempre privilegia i (veri) rapporti umani. Ad una Passerina Controguerra Doc 2018, generosa e versatile nei suoi 12,5 gradi alcolici, di pronta beva e prodotta selezionando accuratamente i grappoli, è seguito un Trebbiano 2017 schietto e nitido sia al naso che in bocca e che darà il meglio di sé tra qualche anno. Succoso e dal sorso appagante il Cerasuolo 2018, da uve Montepulciano. Dal colore rosso ciliegia, con sentori dominanti di piccoli frutti rossi e cenni di liquirizia, al palato si rivela fresco, di buona sapidità, di buon corpo, piacevole equilibrio e con una gradazione importante: 13°. Uno dei migliori finora assaggiati di questa tipologia. Rosso rubino e con riflessi violacei, il Montepulciano 2017. Al naso si esprime con sentori dominanti di frutti rossi e decise note speziate. Al palato si rivela di corpo pieno, avvolgente, con un tannino ben integrato e una lunga persistenza. Fragrante ed appagante nella sua struttura importante, come si addice ad un bel Montepulciano. Ultimo vino degustato, ma non ultimo in quanto a sensazioni destate, uno spumante Metodo Classico ancora in nuce (a soli cinque mesi dalla presa di spuma), vendemmia 2018 raccolta in un blend di Passerina, Malvasia, Pecorino, Montonico (quest’ultimo un vitigno autoctono abruzzese in via di riscoperta) e con un saldo di Chardonnay. Un vino già quasi pronto, anche se vedrà la luce solo il prossimo anno, che si presenta al palato secco (sarà un Pas Dosè) e con il suo tipico vestito da festa: crosta di pane appena sfornato, fiori bianchi e frutta gialla. Tirato in sole duemila bottiglie, ne sentiremo sicuramente parlare. Perché si fa presto a dire spumante Metodo Classico, ma ci sono spumanti e spumanti…
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PIERO LUCIANIGiornalista pubblicista appassionato di vini, in particolare bollicine. Amo bere bene in compagnia possibilmente al cospetto di una buona tavola. Archivi
Maggio 2023
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